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Altri passi sulla via psicodialettica

Il frac della Psicodialettica

  • Immagine del redattore: lisamarchetta
    lisamarchetta
  • 7 set 2018
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 12 set 2018


I miti hanno sempre rivestito un ruolo importante per la salute psichica dell’uomo: essi, come le favole, stimolano l'inconscio che, riconoscendone la paternità, si commuove e si risveglia. Prima della nascita della filosofia essi erano l’unico mezzo di educazione del popolo, ma anche di strumentalizzazione e manipolazione. In seguito perdono d'importanza e al loro posto acquisisce valore la scienza o logos: è lo stesso Platone a dirci che il mito allontana dalla verità, anche se lui stesso se ne servirà per argomentare alcune tesi o rendere più chiaro un discorso. Solo con l'avvento del romanticismo assistiamo all'inizio di una rivisitazione dei miti e con Jung e Kerenyi, nel '900, allo studio vero e proprio. Miti che Jung approfondì nel corso di tutta la vita, a tal punto che oggi possiamo guardare alla sua esistenza come ad un mito. La Psicodialettica li utilizza sia per rigenerare l'intelletto che per spiegare con parole che raggiungano il cuore alcuni concetti; inoltre, mettendo in pratica la lezione junghiana, sfrutta le capacità mitopoietiche dell'inconscio come strumento di auto-conoscenza.

Uno dei miti che troviamo citato spesso in testi e articoli della Psicodialettica è quello della cacciata di Adamo dal paradiso. Il primo uomo visse un tempo simbioticamente con la natura, con dio e con Eva, fino all’espulsione dall’Eden, poi in lotta contro la natura e dio, si riconcilia infine con il padre grazie alla venuta del Cristo. Queste tappe del cammino evolutivo dell’uomo narrate dal mito si ripresentano, secondo la nostra teoria, nel cammino della coscienza del singolo individuo. Abbiamo ricordato il mito di Adamo oltre che perché spesso compare nella Psicodialettica, anche perché simile, per certi versi, a quello di Limpo, il protagonista della fiaba su cui stiamo per scrivere. Ci riferiamo al fatto che entrambi, Adamo e Limpo, mancano di qualcosa nella prima parte della loro esistenza, e cioè di abiti. Ricordiamo che Adamo, prima di mangiare dall'albero del bene e del male, viveva con Eva in uno stato di nudità, incosciente di essere spoglio e osservato. La nudità rappresenta nel mito lo stato di fusione con la natura e l'assenza di differenziazione da essa. L'abito o la "copertura" caratterizzerà in seguito la vicenda umana, la sua separazione dal mondo naturale e la nascita della coscienza di sé. In questo scritto desideriamo dare una risposta al tema della nudità e della ricerca dell'abito. Lo faremo facendoci aiutare da Limpo, il protagonista della favola di Silvio D’Arzo, Il pinguino senza frac. La favola contiene molti temi cari alla Psicodialettica, come l’abbandono del paese d’origine, la ricerca della propria realizzazione e il ritorno a casa. Ma quello su cui punteremo l’attenzione è l’intenzione di far coincidere l’esperienza interiore con la costruzione di un’immagine esterna, di un abito da mostrare al mondo. Nel caso della favola in questione l'abito di cui si cerca la realizzazione è quello della maestranza. Come trattano, D’Arzo e il suo inconscio, questo tema? Torniamo ancora ad Adamo.  Dalla cacciata dal paradiso terrestre l'uomo è conscio del suo stato di nudità e desideroso di “coprirsi”. Non aveva questa necessità quando, libero di essere un tutt’uno con la natura e Dio padre, non riconosceva differenze tra sé e tutto il resto. La nudità era uno stato esemplificativo del suo essere parte indifferenziata del creato. Solo dopo la cacciata l’uomo si riconosce “differente”, si accorge di essere nudo e se ne vergogna. Dalla cacciata al suo vagare sulla terra, egli parallelamente tesse vestiti con i quali coprirsi e mostrare la propria identità che, se pur diversa, compete con quella del divino. L’abito dimostra quanto l’uomo voglia e sappia costruirsi, ma purtroppo anche quanto gli riesca bene nascondere la sacra interiorità. Cosa significa questo alla luce del nostro ripercorrere, nel cammino evolutivo, tutte le tappe presenti nella cultura mitologica? L'inconscio custodisce il ricordo, come ci ha insegnato Jung con il concetto di archetipo collettivo, dell'antica nudità. Ci troveremo dunque di nuovo ad essere nudi, durante il cammino psicodialettico? e, in seguito, a cercare il nostro abito? ma, quale abito? che veste indossare per presentarci al mondo, per testimoniare la nostra presenza, l'avvenuto mutamento, la conquista del nostro sé? Come il pinguino Limpo, nato senza frac, durante il cammino dovremo rinascere senza abiti e decidere di partire per procurarcene uno. Il destino di Limpo, rappresentato dalla condizione non desiderata di assenza del frac, si tramuta in progetto quando il pinguino, che come sappiamo dovrebbe per natura possedere il classico frac, decide di lasciare la sua famiglia e partire verso la conquista dell’abito che non ha. Forse alcuni di noi sentano la mancanza di qualcosa che sembra gli altri posseggano. Nascosto ancora tra i mille abiti sociali che siamo costretti ad indossare ne esiste anche uno che non abbiamo ancora trovato. È da questa nostalgia, dalla mancanza dettata dal destino, che Limpo decide di partire per ridefinire la sorte trasformandola in ricerca.

Sentite anche voi una voce lontana, un lamento, un improvviso sconforto per qualcosa che manca?

Forse è il vostro frac che vi manca. Come per il pinguino Limpo, nato senza frac e con metà nome. Per la Psicodialettica avere un frac non è facile, non si compra al supermercato dei frac se è la pelle che si riveste di splendore: di una veste da gala, di un abito adatto alle gran serate.

Per avere il vostro frac, quello che nessuno mai potrà strapparvi di dosso, è necessario un non semplice processo. Innanzitutto una svestizione. “Come”, si dirà, “devo svestirmi?” Certo, per cambiar abito bisogna prima togliere quel che si sta indossando. 

Esiste, per la Psicodialettica, un primo lungo momento di svestizione. Lungo perché a nessuno piace mettersi nudi davanti a qualcuno, ci vuole tempo e pazienza perché ciò avvenga. Una certa fiducia per gl’occhi di chi ci sta di fronte. E poi, quanti abiti! Pur di non rimanere nudi ci s’inganna mettendo altri abiti! Ve ne sono tanti per il lavoro, tanti per il pomeriggio trascorso con gli amici, tanti per la sera, tanti per la domenica, uno per il matrimonio! “Oddio”, si dirà, “ora gli mostro questo, che è il più bell’abito che ho”. E se non funziona? “Ho anche quest’altro, che molti hanno apprezzato.” “E se non va bene neppure questo, ne comprerò di nuovi.” Poveri noi, che paura! Indossare un abito è come giocare a nascondino: “lì forse nessuno mi troverà”, ci si diceva, “oppure lì, lì non sono mai stato”. 

Capite che ci vuole tempo per farsi scoprire. Nessuno vuol mettersi nudo.

Ebbene, quando finalmente  comprendiamo che nessun abito è quello giusto, che tutti gli abiti erano frutto di esami da superare, (abbiamo persino indossato abiti scelti da altri!), copertine senza più la forza di proteggerci, che in fondo non c’eravamo mai sentiti a nostro agio in quei panni e una vocina lontana ce l’ha sempre sussurrato; quando ben si sta senz’ abiti come un tempo: senza intralci strani, insicuri, piangenti, arrabbiati, felici, disperati e quant’altro ci sia di più autentico e sincero in un neonato (forse l’egoismo e l’attesa), allora si è pronti.

“Come pronti”, si dirà. “Parto così, nudo?”. Ma certo, come vuoi partire per trovare il tuo frac?

Limpo, un pinguino ubbidiente e di buon cuore, partì proprio senza frac (pare che lui fosse nato proprio così) e se lo ha fatto un pinguino…

Si parte per una mancanza, per rientrare nel mondo con il nostro frac ma, quel frac, solo se siamo spogliati dagli averi che altri ci hanno messo addosso potremo trovarlo.

Possiamo farlo anche noi. Nessun abito ci deve intralciare. O confondere. Quando si è nudi e si sta bene così, con il proprio neonato tra le braccia, si ha tutto il tempo per ascoltare e guardare. Allora inizia il Viaggio.  Sacra è la nudità, non l’abito. Sacro diventa il viaggio.

Allora si potrà liberamente andare alla ricerca del proprio frac. “Che bello”, si penserà, “ho un’altra possibilità”. E il viaggio sarà abbastanza lungo, auguriamocelo con le parole di Kavafis:

“Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze.”

Ulisse, naufrago nella terra dei Feaci, venne trovato sulla spiaggia, nudo, da Nausica. La principessa lo accolse nella sua terra, e l'eroe poté raccontare del suo viaggio.

Prima di giungere fin lì, lungo e penoso fu il processo di svestizione.

Solamente la nudità è perdonata dagli dei: togliendoci ogni abito, sacrificando le parti di noi che non sono carne e non sono poi tanto adatte a questo genere di viaggio, essi ci “lasciano passare”. Essi dicono: “bene, ora che non puoi più perder nulla, parti”.

Quando la pelle è ben esposta agli agenti esterni, quando le corazze anestetizzanti crollano, quando sappiamo della nostra inadeguatezza, quando vogliamo il nostro abito, allora siamo pronti per la ricerca del frac.

Il nostro frac da qualche parte esiste, ce lo dobbiamo andare a prendere, sarà più forte di noi, la voce più forte, a dirci che quel frac esiste. Sarà tempo, allora, di sopportare ogni sorta di umiliazione, voltafaccia, “perdita”.  Il neonato che teniamo tra le nostre braccia non si lascia ferire mortalmente, per qualche strano motivo è diventato indistruttibile. Piange ma non muore, soffre ma non si piega. Più forte di ogni cosa sarà il desiderio di tornare a casa con quel benedetto frac.

Che importa se trasformati in asini, cani, cammelli o schifosissime cimici cammineremo nel mondo, se qualcosa ci dice che quella è la strada che porta al frac?

Così almeno è stato per Limpo. Un pinguino nato senza frac e partito alla sua ricerca. Gli altri pinguini già lo avevano, ma la sua famiglia era troppo povera, così scrive D’Arzo. Fu costretto a partire. Un pinguino speciale, quindi, nato svestito, che viaggiando tutto vuole sapere e conoscere. Lavora a più non posso e non si lamenta, quel lavoro gli servirà per procurarsi il suo frac. Fa incontri, tanti incontri e una domanda lo assilla. Un’ universale domanda, che nessun altro sembra porsi (una sacra domanda). Infine, giunto quasi alla pazzia, tra le mani e in testa il suo strano e paradossale sapere, si accorge d’indossare il suo frac, di essere divenuto un maestro ed ora avere un nome completo. Avviene proprio così, ogni giorno lavoriamo per avere il nostro frac, abbiamo una domanda a cui vorremmo dare una risposta, cerchiamo in ogni modo quella risposta, e poi, all'improvviso, quando tutto sembra ormai perduto e anche il nostro desiderio ha perso potere, quando si tocca con mano l'assurdo, al culmine dell'esperienza...ecco il piccolo salto. Un saltino, e ci troviamo con il nostro splendente frac.

Bilbiografia

Silvio D'Arzo, Il pinguino senza frac, Ed.Consulta libri e progetti. Versione illustrata da Elisa Pellacani

Luciano Rossi, Psicodialettica, Ed. Quattroventi, Urbino.

 
 
 

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