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Altri passi sulla via psicodialettica

La donna e l'Animus in un'ottica psicodialettica

  • Immagine del redattore: lisamarchetta
    lisamarchetta
  • 7 set 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 12 set 2018


Come evidenziato in altri scritti (vedi La dialettica del ritorno all'Uno, in www.psicodialettica.it), la Psicodialettica dà ampio spazio alla descrizione, all'analisi e all'assimilazione di due fondamentali opposti: "maschile" e "femminile". Sappiamo dai tempi delle origini della psicoanalisi (grazie all'analisi delle figure parentali agite nel transfert), che ognuno di noi è portatore di un "maschile" e di un "femminile" che è la summa delle rappresentazioni, presumibilmente, di ogni significativa persona incontrata nella vita, del nostro stesso sesso o di sesso opposto. Sappiamo anche che l'imprinting dei genitori nei primi anni di vita plasma un'idea, delle immagini e degli schemi di comportamento nel bambino, e che  pertanto già molto precocemente esso si costruisce un'idea, un' immagine e uno schema d'azione di "maschile" e "femminile". Ogni donna ha in sè un maschile e un femminile. Ogni uomo anche. Quando la donna non si è messa a confronto, rendendolo prima cosciente e poi attivo positivamente, con il proprio maschile, accade, come descritto dalla psicologia junghiana, che essa agisca posseduta dal suo Animus e non secondo i suoi desideri umani. Numerose sono state le rappresentazioni di personaggi letterari, cinematografici e teatrali che hanno incarnato le vicende di donne "rapite" dall'Animus e le tristi conseguenze di tale possessione: Emma di Madame Bovary, Livia di Senso, Julie de La signorina Julie, Ofelia di Amleto, per citare alcuni esempi. Tutte storie incentrate sulla tragedia cui va incontro una donna che proietta sentimentalmente in un uomo il proprio maschile, premessa grazie alla quale l'Animus prende vita. Possiamo considerare il maschile di una donna come l'insieme delle rappresentazioni accumulate nella sua psiche di "maschilità", l'Animus l'azione autonoma e proiettata sull'esterno di queste rappresentazioni, e l'integrazione del proprio machile il processo di ritiro delle proiezioni che conferisce alla donna la sua "maschilità". Tre momenti e tre risultati: indistinta summa dei maschili interni, Animus e proiezione sull'altro, maschilità come risultato del ritiro della proiezione del maschile. La proiezione e l'azione dell'Animus appare quindi, per la Psicodialettica, come un momento necessario, il ponte attraverso il quale la donna conosce sè stessa e grazie al quale approda alla propria maschilità. Questi tre momenti si ripetono continuamente nella storia di vita di una donna. E solo da un secolo circa la maschilità delle donne ha agito concretamente nella storia, occupando uno spazio nella realtà.  I primi reali movimenti di emancipazione femminile, reali dal punto di vista dei diritti e delle occasioni conquistate nel "mondo" infatti, sono iniziati nel '900: vi saranno stati casi isolati e fortunati prima di questo secolo, alcuni vengono enunciati nel mondo dell'arte, di donne lasciate libere di esprimersi e di agire nel mondo circostante, ma i casi isolati non sono riusciti a dar vita ad un' unica anima collettiva in opposizione o a fianco di quella degli uomini. Il diritto contemporaneo non tiene conto delle oppressioni dello spirito femminile, nulla sà delle impressioni che lo spirito ferito ha lasciato nella biologia della donna, e il diritto scritto sulla carta si sgretola al cospetto del diritto scritto nell'interiorità. Pertanto ciò che è stato legittimato non sempre corrisponde con l'altra legge, quella scritta da secoli di catene imposte dalla vita domestica (che sottostà ad altre leggi) e che ha impedito il fisiologico svolgersi delle tre fasi-momenti psicodialettici. E' ancora necessario, dal punto di vista psicologico, favorire il processo di acquisizione di un maschile come qualità interiore che guidi le donne nel "mondo". Secondo uno scritto di Jung del 1927 dal titolo "La donna in Europa", leggiamo: "maschilità vuol dire: sapere ciò che si vuole e fare il necessario per ottenerlo. Quando lo si è imparato, esso diventa talmente chiaro che non è possibile dimenticarlo senza un grave danno spirituale". Questa definizione libera dai falsi e ingannevoli diktat che la società impone, anche rispetto a ciò che singifica essere maschili. Rimane complesso, e materia da indagare in un percorso psicologico e educativo, scoprire che cosa si desidera o cosa ci appartiene davvero. Come scrive Marie Louise Von Franz nel suo "Il mondo dei sogni", spesso crediamo di essere noi a parlare o ad agire ma è invece l'Animus a farlo, quand'è così più che la determinazione a raggiungere un obiettivo o la ragionevolezza che consente di porci degli step per raggiungerlo, prevale un'atteggiamento di cieca ostinatezza verso l'impossibile e di irrazionale smania di saltare ogni passaggio pur di arrivare. E' solo un esempio, questo, di come, se l'Animus si esprime, sia diffiicile distinguerlo dalla vera maschilità e possa essere confuso con essa. La Von Franz ci suggerisce di trascrivere i sogni e di far caso a come i personaggi maschili che incontriamo nel mondo onirico si comportino con noi. Ci sfruttano? Ci maltrattano? Abusano? Attenzione, allora è l'Animus, una parte di noi, che sta facendo a noi stesse questi danni. Non è mai infruttuoso usare la lente d'ingrandimento sulla nostra interiorità e da questa partire per cambiare qualcosa che sta fuori di noi. Ma un'amara nota assale la nostra presunzione di poter guardare all'interno: il ventunesimo secolo sembra voglia a tutti i costi cancellare il '900 e l'opera dei pensatori fini incorniciandola su un muro e, come una reietta, lasciarla fuori dai banchi delle università. Può entrare nei musei, essere materia di studio di storici dell'arte, di sociologici e filosofi ma non di chi la può usare sugli individui per curarli. Essa, quindi, mummificata, impaurisce e fa tremare i nuovi futuri guaritori d'anime che, purtroppo, neppure più osano proferire il suo nome, Psicoanalisi, Psicologia analitica o. per noi, Psicodialettica.  E, non sapendo di essere guaritori d'anime, credono che, le mummie, neppure esistano.

 
 
 

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